domenica 23 febbraio 2014

#05.mimì


memoria di signore silenzioso

è morto mimì. l'ho saputo ieri, me lo ha detto NP. ho da qualche parte una sua lettera, consegnatami brevi manu una ventina d'anni fa. allora mi disse, leggila dopo. la lessi dopo, raccontava una storia che riguardava il nonno, suo nonno. la tengo ancora con me, anzi, l'ho riposta in valigia per non perderla. mimì ti invitava in casa, ti metteva a tuo agio e poi stava in silenzio. non perché avesse poco da dire (non usava, a dir la verità, molte parole) ma per via di un'indole riservata. la sua grande casa era poggiata sulla sabbia, aveva dinanzi un mare epico. viveva con la sorella, morta la quale il suo silenzio diventò una forma di discorso indiretto con i luoghi e le cose. ha avuto un malore, mi è stato detto, il cuore, è entrato in terapia intensiva e lì si sono accorti che dei polmoni era rimasta solo qualche traccia. mimì fumava quanto mai, vero. non si muore mai abbastanza di fumo, un male sociale. mimì. l'ho visto spesso dimesso, appartato, non assente, una specie di misantropo underground. aveva spesso un sorriso sornione, di chi ride dentro. la volta che l'ho visto ridere aveva le lacrime agli occhi, non riusciva a fermarsi, come fosse la volta decisiva. sono stato fortunato, forse, ad averlo visto così quel signore silenzioso: la mia memoria è labile, verte all'oblìo, per questo ne scrivo. non alto, pieno ma non grasso, deferente, ossequioso non in eccesso, spesso seduto, ecco, lo ricordo seduto, con lo sguardo sperso verso il suo mare, riflessivo senza la necessità di dover parlare, affettuoso, ecco, sì. ero in spiaggia, una volta, mi chiamò dalla veranda "priblic, venga qui un attimo", mi avvicinai, scomparve. attesi. tornò dopo qualche minuto "ecco l'orologio" disse "l'orologio di mio nonno".

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